comincio a riunire tutti i documenti di spesa che devo consegnare al commercialista quando arrivo a Firenze e quindi la sera alle 20, quando tutto finisce e si chiudono metaforicamente le ali, si accende questo spaccato della permanenza in Uganda e degli impegni per le verifiche.
Sul divanetto nella casina dei volontari si sono ammucchiate, bambino per bambino, tutte le ricevute dei pagamenti delle rette alle scuole. Le ricevute degli acquisti di libri, scarpe, grembiulini. Chissà se questi fogli accartocciati e sudici avranno mai un valore per lo stato italiano, mah!
I pagamenti per la costruzione delle casette, quest’anno ne abbiamo fatte costruire quattro con relativa cisterna per la raccolta delle acque piovane.
Lasciti a famiglie disperate: quel tanto che può aiutarli a fare la spesa del cibo per un mese.
La sartoria che ha avuto bisogno di altre 2 macchine da cucire e abbiamo contribuito a fornire ad un uomo cieco una macchina per la maglieria, quindi una parte l’abbiamo pagata noi e una parte del denaro l’ha messa lui. Così anche un cieco può lavorare da casa!
La scuola di Agricoltura ha una scadenza di pagamento ad aprile e quindi ho lasciato il denaro pronto alle suore che lo cambieranno in valuta locale e lo consegneranno al direttore per le paghe degli insegnanti, guardiani e segretaria.
Mi sono lasciata questi ultimi giorni per andare a rivedere la scuola di Agricoltura. È stato un progetto grosso ma è proprio bella, da 5 anni sta in piedi con un impegno economico che va scemando da parte nostra. Ora però mi chiedono la cucina per preparare il cibo ai ragazzi, mi chiedono un nuovo generatore, si è definitivamente rotto il primo che abbiamo acquistato all’inizio. Insomma io riporterò le richieste, vedremo se possiamo aiutarli ancora. Intanto lo sguardo va al di là del fabbricato, nei campi lavorati dai ragazzi della scuola e vedo che ognuno si è creato uno spazio per coltivare cavoli, pomodori, melanzane c’è una zona per gli alberelli dei frutti della passione, campi di mais, le gabbie per gli animali e poi lontano lontano il lago Vittoria, enorme, in una nebbiolina di azzurro che fa sperare che in questo Paese l’acqua non mancherà mai. I dormitori dei ragazzi e delle ragazze sono attrezzati ma disordinatissimi, beh meglio non entrare nel loro privato.
È una scuola in mezzo alla foresta e in mezzo a una distesa di campi, immagino questi ragazzi la notte… evidentemente i guardiani fanno il loro lavoro perché mi risulta che non sia successo mai niente.
Ci rimettiamo in macchina per vedere se si vede già qualcosa dei lavori delle casette che abbiamo richiesto per le famiglie selezionate. Margaret, la ragazza che mi aiuta, mi fa strada in mezzo a questa foresta e fra ombra e sole mi sto bruciando il viso. Comunque con lei si cammina, non si scappa. Mi vengono incontro bambini e mamme che agitano le braccia appena mi vedono e mi abbracciano, mi ringraziano e mi portano cesti con caschi di banane e noccioline. Delle casette si vedono le fondamenta e il materiale ammassato, pronto per essere usato. Un paio sono già a metà perimetro esterno, sono contenta e loro felicissimi di abbandonare le loro capanne di fango. Vengo sballottolata fra abbracci di grandi e piccini, mi fanno sedere e mi offrono quello che stanno preparando per il pranzo. Dico di no e sono certa di essere capita, non si offendono. Regalo ai bambini dei vestitini che ho portato dall’Italia e le caramelle che adorano e se, vedo che proprio per pranzo non c’è nulla, allungo del denaro alla mamma.