giornate bellissime con 38 gradi e la notte un parapiglia di fulmini e piogge torrenziali. Copertina di lana sul letto. Le piogge le aspettavano a gloria, io ne facevo volentieri a meno perché, a parte la strada principale, quelle in cui si lavora andando a verificare lo stato delle famiglie che ci chiedono una casetta in mattoni sono proprio dei tratturi in mezzo alla foresta. Con le piogge diventano acquitrini. Con la gip è un tormento: buche, scossoni, derapate. Oggi infatti ci siamo piantate, io e Margaret, in mezzo alla foresta. Abbiamo risolto chiamando Deo, l’autista che si usa saltuariamente in Missione quando si deve andare nel traffico caotico della capitale, Kampala. È venuto a prenderci dopo un’ora ed ha portato un meccanico.
A parte l’intoppo di oggi, le nostre visite normalmente hanno come approccio l’uso della gip fino ad un certo punto del percorso, poi ci si inoltra a piedi nella foresta. A parte il caldo e il sole a picco, la foresta è bellissima, verdissima e queste capanne infilate fra alberi di banani e vegetazione incredibile sembrano uscite dalla penna di un architetto paesaggista. Peccato che le capanne siano di fango e ad ogni poggia notturna si disfanno un po’. In queste nostre scorribande incontriamo donne che camminano e camminano con in testa fascine di legna, quintali di mais, ceste di frutta. Ci sorridono, ci salutano, si voltano verso di noi imperturbabili con il loro carico perfettamente in asse, spesso ci chiamano per il piacere di accoglierci nelle capanne, grate della nostra presenza per raccontarci qualcosa di loro, anche laddove non portiamo nulla. E poi tanti bambini, davvero un’infinità di bambini che silenziosamente scappano fuori da ogni parte, tutti strappati, i più piccoli nudi, o intenti a costruirsi i giocattoli con dei legnetti, una palla con degli stracci. Non si sente piangere mai. Questi bambini non piangono: c’è da farsi qualche domanda…
Esistono anche gli uomini, ma nelle capanne se ne vedono pochissimi, per lo più vecchi – che poi non si sa quanto siano vecchi perché l’età media è bassissima – ma se sono in buona salute ci tengono a farci capire la loro influenza sul territorio su cui stiamo passando. Infatti ogni area, piccola o grande, ha un suo responsabile molto democraticamente stabilito dalle famiglie di quel territorio (clan). Questo personaggio conosce ogni famiglia e ne è, in un certo senso, responsabile. Quando ci chiamano per risolvere i problemi di una famiglia è perché il capo-area ha segnalato a chi di dovere l’urgenza di un intervento. Da queste “gite fuori porta” torno carica di caschi di banane, di avocado e oggi Margaret mi ha detto che mi stanno preparando delle canne da zucchero da ciucciare per darmi più energia. Non so cosa ne farò, perché nella casetta dei volontari basta entrare anche solo con un piede con qualcosa che abbia un lontano odore di zucchero e le formiche – piccine come chiccolini di riso – escono da tutte le parti e si avventano sulle invisibili briciole di pane o di biscotto (e anche su di noi), figurarsi sulle canne da zucchero!
Gli uomini su questi sentieri li vedi spingere biciclette cariche di enormi caschi di banane verdi, quelle che si cuociono per farne una specie di polenta bella dura e che è una delle basi della loro alimentazione, ad averne… ne mangerebbero mattina pomeriggio e sera. È una roba che riempie la pancia. Anche noi la mangiamo, come mangiamo la polenta di farina di radici, ma due giorni fa sono andata con Suor Gemma a Jinjia a fare la spesa in un mercato al coperto, pazzesco, che più africano non si può. Ogni venditore in un pezzettino di spazio con una strabordante quantità di merce. Mi sono sfogata e ho comprato un bel po’ di verdura: peperoni, melanzane, fagiolini (che proprio `ini` non erano), carote, cetrioli, pomodori, mango, cocomeri, passion fruits. Per un bel po’ si dovrebbe star bene tutti.
Stavo raccontando che sulle biciclette gli uomini trasportano di tutto, anche sacchi enormi di carbone o il ricavato dei campi per il mercato. Il mezzo di trasporto per tratti non lunghissimi lo si fa in bicicletta… a spinta. Certo che se dovessero anche pedalare con il caldo ed il peso sarebbe davvero un tormento.