ancora l’Africa. Vi chiederete qual è la motivazione profonda, a questo punto, che ci spinge ad affrontare ogni anno un lungo periodo in un Paese come l’Uganda dove, per condizioni di vita, ogni nostra certezza acquisita va a cadere, mettendo in luce le nostre meschinità, ma anche lo splendore delle nostre vite.
Ogni anno facciamo mille promesse a noi stessi: essere più pazienti con coloro che, vedendoci arrivare, bussano alla casetta dei volontari della Missione per chiedere aiuto, a volte anche stupidaggini, non per forza aiuti per la sopravvivenza e ci fanno perdere la pazienza. Ci ripromettiamo anche di accogliere i disagi a cuor leggero: cibo diverso, caldo quasi insopportabile, elettricità per poche ore al giorno, tempi infiniti per fare piccole incombenze, mancanza di quelle che per noi sono ormai scontati mezzi per lavorare e comunicare, funzionalità del computer, internet appunto, il carattere di questa gente, gli inevitabili disturbi che l’antimalarica induce, ma a cui ci adattiamo presto, così le promesse fatte a noi stessi vengono mantenute e velocemente ci si immerge in questa realtà, in questa terra dove la grande bellezza sembra voler compensare la grande povertà.
La motivazione profonda potrebbe essere voler rendere, attraverso piccoli interventi, un po’ di giustizia a chi per clima e vicende storiche è stato privato di una buona vita. Oppure il motivo potrebbe essere una naturale intolleranza a vedere un altro essere che soffre, non ha cibo o è stato abbandonato. Scatta un meccanismo di difesa verso l’essere umano da parte di un altro, non è soltanto sensibilità. Provare per credere.
Quindi ci mettiamo in giuoco e si accettano le attese, internet che non funziona, la fotocopiatrice con un guasto da un mese perché il tecnico non arriva. Ci arrangiamo, cerchiamo soluzioni alternative, ci spostiamo di qualche chilometro per trovare la connessione internet e mandare una foto o un messaggio ai nostri famigliari. Ma dopo tutto, questo è anche il fascino dell’Africa, per noi è un tornare indietro, ad una dimensione dominata dal tempo, dalle relazioni, dalla consapevolezza delle nostre scelte nel lavorare in un terra tanto lontana in tutti i sensi.
Capire i meccanismi che regolano la società in Africa non è facile per noi, perché è un misto di arretratissimo passato con la tentazione di fare un passo nel futuro. Per quanto ho potuto vedere in questi anni credo che uno dei problemi più gravi sia la mancanza del nucleo base di una società (almeno così noi crediamo) che è la famiglia, ci sono pochissime famiglie: tante mamme con tanti bambini. I rapporti sessuali sono piuttosto liberi e la donna non pretende fedeltà/convivenza/matrionio da chi l’ha messa incinta e spesso si ritrova con 6/8 bambini da mantenere, magari concepiti da uomini tutti diversi. Le donne si danno da fare per trovare qualche lavoretto per tirare avanti, senza piangersi addosso più di tanto. Certo è che quando vedono un bianco chiedono. La terra meravigliosa riserva loro delle risorse che pareggiano la loro incapacità di risolvere i propri problemi. Una terra che offre frutti spontanei nella foresta, nei campi e di cui si servono i bambini quando hanno fame: canna da zucchero, mango, ananas, banane.
Il pasto è unico e, se c’è qualcosa da mettere in pentola, lo si fa la sera. Il cibo consiste per lo più in una specie di polenta solida di radici ridotte a farina condita con fagioli al pomodoro. Questo è quanto si mangia sei giorni su sette, talvolta il pesce del Lago Vittoria… ma quello meglio mandarlo, con i camion frigoriferi pronti sulle rive del lago, in Giappone per il sushi, pagato mooolto meglio.
La nuova generazione ha delle aspettative e Gocce di Vita investe su questo fronte. I bambini vogliono andare a scuola, vivere nella scuola a contatto con altri bambini e non sparpagliati nella foresta in micro comunità come i clan. Hanno intuito che da qui si parte per migliorare il proprio stato.
Tramite Gocce di Vita cerchiamo di pagare la scuola elementare a più bambini ci è possibile. Controllando le loro pagelle cerchiamo di individuare quelli che hanno potenzialità e li iscriviamo alle superiori (il nostro liceo), a metà del percorso scolastico si può accedere alle scuole professionali oppure, concludendolo, all’università. Le nostre finanze ci consentono non molti voli pindarici, ma stiamo seguendo una decina di loro piuttosto dotati. Le professioni che li aspettano con i corsi professionali sono quelle dell’insegnamento nelle scuole primarie, infermieristica, falegnameria, tecnico di laboratorio, tecnico per l’agricoltura e per l’allevamento del bestiame, sartoria, acconciatore/trici, cuochi. All’università c’è informatica, medicina, laurea per l’insegnamento nelle scuole superiori, matematica, economia, ricerca ecc. La scuole superiori, professionali e l’università obbligano all’internato come lo sono i college inglesi e quindi sono molto cari. Nelle scuole primarie, l’equivalente delle nostre elementari e medie, sosteniamo circa 60 bambini con le adozioni dei soci e sostenitori di Gocce di Vita.