Carissimi amici,

Patrizia e Andrea sono arrivati con la metà del loro bagaglio, l’altra metà, forse, in Ruanda dove è stato effettuato uno scalo tecnico, uno sbarco e un imbarco di passeggeri. Nelle due valige arrivate c’era tutto fuorché gli effetti personali dei due. Non si sono scomposti, hanno indossato il vestiario che avevano raccolto dagli amici e destinato alle famiglie di qui e sono sopravvissuti due giorni, dopodiché le due valige mancanti sono state portate a destinazione di notte e, poiché la Missione è fuori dal mondo, ci siamo messi in attesa al cancello sulla strada, ognuno con un pila in mano a fare segnali all’autista. Con queste altre due valige sono arrivate le vettovaglie: salami, formaggi, biscotti, caffè, tarallini, insomma di che far felici tutti!

In attesa di Andrea e di Patrizia, questa settimana avevo preparato il lavoro da fare con loro selezionando con Margreth le famiglie che si riteneva avessero gravi problemi per la casa, ossia famiglie a cui sta cascando la capanna di fango in testa. Il nostro intervento regala loro una casetta in mattoni crudi e con un tetto bello solido. I postulati non mancano… c’è da scegliere quello che si ritiene più in difficoltà degli altri o con tanti bambini, o quello che non ha neppure dove farsela costruire la casetta in mattoni crudi, o una nonna che si è presa carico di otto nipoti e la casa in testa sta cadendo a lei e agli otto nipoti. Naturalmente tutto da controllare… infilarsi nella foresta e, cammina cammina, andare a vedere di persona lo stato delle famiglie e delle capanne in questione. È dura quando devi dare delle priorità e magari escludi famiglie che ti hanno conosciuta, ti hanno fatto festa perché hanno sperato che tu accogliessi la loro richiesta o perché sei lì per loro e ti fanno festa a prescindere.

Ormai ho imparto a difendermi un po’ psicologicamente e cerco di godere con loro di quella mezz’oretta che stiamo assieme, durante la mia visita, seduti davanti alla capanna circondati da una foresta bellissima e dai bambini che comunque sono felici perché porti dei dolcetti e dai alla mamma del denaro per fare la spesa o per comprare i materassi per tutta la famiglia.

Le casette vengono costruite sul terreno dove c’è la capanna disastrata e ho capito che non vogliono essere trasferiti altrove. Per ogni famiglia quello è un terreno sacro. Intorno alla capanna si sotterrano i propri morti e loro continuano ad essere presenti, guidano nelle scelte da fare nella vita, consigliano quando iniziare un progetto o suggeriscono comportamenti da tenere, accordi da stringere, matrimoni. Sono presenti in quel luogo e quindi il luogo della casa non si cambia. Personalmente trovo bellissima questa sorta di filosofia/credenza. Anche noi ci diciamo che i nostri cari sono sempre con noi, ma qua in Uganda la percezione è meno spirituale, diciamo più concreta, legata alla casa, alla terra dove il famigliare scomparso è vissuto. È tangibilmente ancora lì presente, con la sua forza per continuare a proteggere.

Quest’anno abbiamo i fondi per costruire altre quattro casette, oltre alle due costruite lo scorso anno, già in piedi e felicemente abitate. Le casette che vengono donate da Gocce di Vita sono di una cubatura standard, due stanze che sostanzialmente servono per dormire e custodire le proprie cose, qualcuno azzarda un salottino, il resto della vita si svolge all’aria aperta davanti a casa. Si mangia per terra (tipo pic nic) una volta al giorno, alla sera, si giuoca con i bambini, si lavano i panni, si stendono belli tutti sparpagliati sui prati o attaccati agli alberi, si ricevono i vicini.

La jeep che mi prestano le suore arriva dappertutto; ho imparato a infilarmi nella foresta in tratturi e piste e a stupirmi in continuazione di quante capanne via via trovo, a volte con dei panorami mozzafiato e in quel contesto mi figuro una bella villetta tutta per me. Poi immagino la notte: tutte queste capanne nel buio più completo, con qualche fuocherello qua e là acceso e nell’isolamento, con tante scimmie intorno. No via…ancora non sono pronta. La vita sembra per molti ferma all’èra post caverne, eppure scorre apparentemente serena: si fa con quello che c’è.

Quello che determina il reale grado di povertà è se i propri bambini possono andare a scuola o no e quindi ci arrivano richieste di adozioni a distanza in continuazione, da ogni parte. Devo dire che siamo abbastanza pressati.

Stasera con Patrizia e Andrea programmiamo la nostra visita a Lira, città a nord del Paese, ai confini con il Sudan dove ci chiamano per proporci interventi di aiuto alla popolazione. Il viaggio sarà faticoso.

Saprò dirvi. Intanto vi saluto caramente.
Daniela