Carissimi amici,

i ragazzi sono partiti con la loro vitalità, energia e allegria. Hanno lavorato tantissimo e nei dieci giorni che sono stati qua non ci siamo potuti permettere neanche una visita ad un parco o ad una città. Mi dispiace così tanto! Riccardo, per la prima volta in Uganda al seguito di Gocce di Vita, non è riuscito a visitare Kampala, la capitale, e quando siamo stati a Jingia, per 1 giorno e 1 notte abbiamo fatto gli acquisti per i nostri mercatini e poi sfiniti siamo andati a cena e a nanna. Alessandra ha trattato i prezzi degli oggetti come una buyer nata, è bravissima! Nonostante conosca poco l’inglese e tanto meno la lingua locale si fa capire benissimo. Però è stato bello ugualmente, ogni sera abbiamo avuto il tempo per noi, per scambiarci tante chiacchiere, tante domande, tante riflessioni su infiniti argomenti. Questa è l’Africa: ti mette al muro, non scappi; davanti alla povertà, agli abbandoni, alle malattie, alla serenità con la quale vengono, tutto sommato, accettati questi orrori, te le fai delle domande su te stesso ed emergono i problemi irrisolti della tua vita, quelli che non vuoi vedere. Qui non li puoi ignorare.

Sono rimasta sola nella casetta dei volontari nella Missione, colazione, pranzo e cena in convento alla mensa delle suorine dove polenta bianca e fagioli al pomodoro fanno da pasto quasi giornaliero, in alternativa pasta in bianco, riso e matoche con salsa di anacardi. Ci si adatta.

Questo tempo mi occorre per dedicare attenzione e supporto alla nostra Scuola di Agricoltura. Già il secondo giorno dal nostro arrivo ci siamo precipitati a controllarne lo stato dopo un anno di assenza. Con un fuoristrada carico di 2 suore, più Margareth (il nostro aiuto locale), Alessandra, Riccardo ed io, insomma belli inzeppati, siamo andati a Kipayo attraversando una foresta rigogliosissima che ogni volta ti lascia incantato. Casupole infilate fra banani e alberi di alto fusto e liane disseminano la foresta, bambini mezzi nudi giocano per terra con niente, liberi e appena ci vedono salutano con le manine e ci urlano “muzungo” “bianchi!”.

Ci sommergono colori e sensazioni di essere catapultati in un mondo di qualche centinaio di anni addietro dove il silenzio, la quiete danno l’impressione che la foresta sia disabitata.

Abbiamo trovato la scuola in ottime condizioni: il giardino, i pannelli solari, il pozzo, le attrezzature, tutto in perfetto stato. Il dormitorio dei ragazzi per il quale abbiamo tanto lavorato quest’anno con le nostre iniziative alle quali, tutti voi, avete partecipato per raccogliere i fondi, è già utilizzabile, quello delle ragazze aspetta il nostro ulteriore contributo. Sulla via del ritorno, tanto per non farci mancare nulla, ci siamo fermati in visita ad un famiglia con 4 bambini i cui i genitori, malati di Aids, non ce la fanno a mantenerli e a pagare le rette scolastiche. Ne abbiamo adottati due per mandarli a scuola e questo darà la possibilità di trovare, da grandi, un lavoro e sostenere anche gli altri due quando i genitori non ci saranno più. Ci hanno fatto entrare nella capanna, sedere sugli sgabelli, tutti loro per terra accovacciati per ringraziarci.

Venerdì sera festona dai Padri per la ricorrenza della fondazione della Congregazione dei 7 Santi, nata a Firenze alla SS. Annunziata e con una penetrazione davvero incredibile in Africa. Un centinaio fra preti e suorine provenienti da tutti i conventi dell’Uganda e appunto della congregazione dei Servi di Maria. Le nostre suore hanno contribuito al buffet con lasagne e dolci vari, ma c’era veramente di tutto: dal pollo fritto al riso con curry, verdure non identificate e le solite matoche servite nelle foglie di banano. Siamo stati colpiti fino alle lacrime dai cori gospel che hanno cantato alla Messa. Hanno la musica nel sangue, e anche i sacerdoti ballonzolavano, non riuscivano a star fermi nemmeno in chiesa. Chissà, forse il fatto di stare qui ed essere accolti con naturalezza, prendere parte alla vita di tutti, famiglie, religiosi, andare per mercati, essere invitati sempre e dovunque ci rende più fragili emotivamente e ci commoviamo con facilità. Da considerare che siamo gli unici bianchi che girano in questa zona e non ci facciamo mancare di saltare sui pulmini taxi da 15 persone stipati insieme a loro fino a 30, pulmini che corrono all’impazzata, ma che si fermano a richiesta sia a far scendere che a raccattare chi si affaccia sulla strada. È l’unico mezzo di trasporto davvero efficiente, arrivano ovunque; il resto dei collegamenti: inesistente. Treni: zero. Pullman: sì ma per grandi percorrenze tipo connessioni Uganda-Kenia, Uganda-Congo, Uganda -Tanzania. Ogni tanto un Paese litiga con l’altro e si interrompono i collegamenti. Così, da un giorno all’altro.

Sono un po’ stanca, oggi ha fatto molto caldo, termino la mia lettera. Prometto di riscrivere presto. Vi saluto caramente.
Daniela

Le cose cambiano. Eccome… e velocemente. La strada di collegamento con la quale ci inoltriamo nella foresta per arrivare al villaggio di Kisoga e alla Missione in cui siamo ospitati, non è più una pista sterrata, è stata allargata e asfaltata. Il resto intorno tutto uguale! Sentieri di terra rossa pieni di buche e di polvere, capanne, baracche, bambini nudi o tutti strappucchiati, baracchette che offrono frutta, persone che ora vivono con questa striscia di asfalto di un colore inusuale che li divide incomprensibilmente da quelli che erano i vicini di casa dirimpettai e con cui la sera si condividevano i bagliori del fuoco e la compagnia nella notte. Naturalmente la strada, non è illuminata…ora i bagliori si condividono da lontano e per fortuna le stelle si vedono sempre come prima: belle lucenti come solo all’equatore si riescono a vedere. Cosa servirà quello striscione grigio non si sa, per andare dove? Comunque non c’è più polvere rossa che invade e sporca tutto: case, persone, alberi, fogliame. Per creare spazio fino a raggiungere la larghezza della strada sono state buttate giù un sacco di casette e di capanne, mettono un croce bianca sopra e questo significa che quelle casupole devono essere tirate giù. Come l’angelo castigatore degli ebrei in Egitto! A parte i modi, noi volontari stiamo molto meglio: negli anni scorsi quando tornavamo in Italia per un mese, sotto la doccia, l’acqua era sempre rossa, gli abiti si lasciavano qua tanto erano inutilizzabili.

I pericoli che percepisco. Non sono romanticamente legata all’Uganda ferma a come io l’ho conosciuta 9 anni fa, ma non mi piace come si sta vendendo. Forse sono una Cassandra, ma temo che questo Paese stia passando da un colonialismo all’altro e ancora peggio, ad una schiavitù. Pare che queste strade le stiano costruendo i cinesi in cambio di grandi appezzamenti di terra. Intanto andando verso le grandi città come Jingia e Kampala si vedono grosse fabbriche tutte recintate da alte mura con draghi cinesi a guardia degli ingressi. Mi domando se gli operai di queste fabbricone sono ugandesi, che orari imporranno loro di fare? 20 ore al giorno come sono soliti fare i cinesi a compensi da fame? Care mi costano quelle strade!

In Uganda da sempre ci sono anche gli indiani, ma loro hanno i loro negozietti di spezie, piccoli supermercati, cianfrusaglie, non colonizzano, cercano di arricchirsi, certo, si costruiscono anche belle case ma non mi risulta che sfruttino la mano d’opera locale, ci sono di persona nelle loro attività, si vedono.

E l’Europa e l’America che ruolo hanno in questo Paese? Non so, forse sfruttano questa parte di mondo in altro modo… risorse destinate all’Africa che non arrivano?… Difficile capire ma intanto assisto all’assalto alla diligenza!